Vedere scivolare in mare quel piccolo pezzo di metallo, con la forma che tutto ricorda fuorchè un pesciolino, seguito dall'octopus, suo compagno inseparabile, ha ogni volta un chè di misterioso ed inspiegabilmente magico.. Così dietro quel piccolo polipetto in silicone scendono anche le speranze di chi, dall'altro lato della canna, allerta sin dai primi metri di quella caduta tutti i sensi sperando che la "botta" venga subito e che si sia adeguatamente veloci per sentirla e ricambiarla.. Esattamente come la sensazione che proviamo lanciando i nostri minnows tra le onde di una mareggiata, quella è una piccola magia che si rinnova ogni volta e per ogni cala.
Quando qualche anno fa feci scivolare in acqua, ospite sulla barca di un amico, il mio primo pezzo di piombo con silicone al seguito, non avevo idea di come avrebbe influito quel momento in noi e nel nostro modo di vivere il contatto con il mare.
Sebbene discretamente appagati dallo spinning e dallo shore, spesso ci trovavamo a chiacchierare su quelle scogliere dalle quali assistevamo attoniti alle scene di caccia che si svolgevano bel lontano dalla portata di qualsiasi lanciatore. Chiacchieravamo come sempre dando sfogo alla nostra inquietudine ed alla curiosità farneticando su quale tecnica potesse consentirci, senza l'utilizzo di esche naturali, di ferrare un tonno o uno spada, di indagare buche e cadute scendendo sempre e soltanto con esche artificiali con le quali mantenere un certo "contatto" impossibile da gustare, a nostro avviso, con il vertical..
Così, come quando nasce un amore o si cade vittima del colpo di fulmine, una serie di fattori in un dato momento avevano costituito a nostra insaputa (espressione molto in uso in questi periodi) il substrato fertile in cui si sarebbe impiantata quella che, a prescindere dalle catture, sarebbe diventata la nostra passione principale negli anni a seguire e che avrebbe condizionato moltissimo il nostro tempo per mare.
E ci siamo trovati catapultati tra le onde a sperimentare, su carte nautiche a ragionare su quali spot indagare, a cercare imbarcazioni che ci consentissero di rimanere tra le onde dove e quando nessuno vi sarebbe rimasto.
E ci siamo trovati catapultati tra le onde a sperimentare, su carte nautiche a ragionare su quali spot indagare, a cercare imbarcazioni che ci consentissero di rimanere tra le onde dove e quando nessuno vi sarebbe rimasto.
Di questo strano artificiale oggi ne esistono decine e decine di modelli, pesi, forme ed ognuno di noi ha il proprio preferito. Dal Kiku della Molix allo Shimano Bottom Ship, dal Daiwa Pirates al pesantissimo King Sea Dancer tanto per citarne una manciata, tutte le case produttrici hanno sviluppato uno o più modelli del proprio artificiale destinato a questa tecnica..
Oggi, al terzo anno di sperimentazione assidua ci siamo fatti un'idea di cosa, di come, di dove e di che colori utilizzare per quali predatori. Abbiamo cominciato a comprendere il rapporto strettissimo tra condizioni meteomarine (anche a miglia da terra ed a profondità sostenute) ed attività dei predatori..
Per questo motivo, da oggi, cercherò di descrivere le nostre piccole esperienze di pesca, ciò che ci capita ogni giorno che riusciamo a trascorrere circondati dal nostro mare a volte generoso ed a volte avaro. Ovviamente le nostre sono soltanto osservazioni, un piccolo diario di ciò che rileviamo e nient'altro dato che, di tecnica pura preferiamo lasciar scrivere chi davvero se ne intende..
Bello Francè.
RispondiEliminaGrazie Gianluca.. :) da te che scrivi pezzi splendidi è un grande complimento :)
RispondiEliminache carini...
RispondiEliminaora andate a bere voi insieme?
occhio però