lunedì 29 luglio 2013

Inchiku: Non erano tonni ma sogni..


Se l'uomo non sognasse, se non bramasse al miglioramento di giorno in giorno, se non alzasse in continuazione il tetto dei propri desideri probabilmente oggi vivremmo in un mondo non evoluto e molto simile a quello in cui vivevano i nostri nonni. E' il sogno il motore di ogni nostro gesto e proprio il popolo dei pescatori, tra i tanti che compongono l'umanità, è quello che probabilmente sogna più di tutti. Sogniamo in ogni istante in cui la nostra mente non è di fatto impegnata. Speriamo nella cattura della vita in ogni battuta, ad ogni lancio, ogni cala, mille volte al giorno, sempre credendoci sino in fondo. 


Siamo così noi pescatori, romanticamente schiavi di un sogno che più o meno consapevolmente alimentiamo di giorno in giorno perché sognare non costa nulla e nel sogno tutto ci è concesso.. Sono ancora le tre quando la sveglia interrompe il mio sonno inquieto di pre-pesca. Le tre e già le speranze maturate cominciano a prendere forma. Apro la finestra per controllare l'esattezza delle previsioni meteo e l'assenza di vento, guardo il cielo ancora buio per essere certo che tutto sia come lo abbiamo immaginato per una interminabile settimana in cui qualche serra catturato a spinning ci ha consolato. 



Le condizioni sono buone ma per noi cacciatori del mare è cambiato molto in questi pochi giorni dato che inconsapevolmente sabato scorso è andata in fumo anche l'ultima possibilità di ferrare e portare a terra il nostro Tonno. Dopo appena un mese dall'apertura, le scarne quote assegnate a noi sportivi (o ricreativi come siamo un pò comicamente definiti adesso) sono state raggiunte e la pesca è stata bruscamente chiusa facendo dileguare altrettanto bruscamente e per un altro lunghissimo anno i nostri sogni di catture a tre cifre. Il Gigante Rosso è rientrato nuovamente tra gli intoccabili del mare e noi rispettosi delle regole lo terremo lontano dai nostri terminali per 11 mesi. Alle 4 del mattino io ed il mio compare inseparabile di vita e di sale siamo già in auto, ottimisti come sempre. Abbiamo pianificato ogni momento della nostra uscita. La rotta è stata studiata in base a come i venti batteranno il tratto di mare ampissimo che abbiamo deciso di attraversare. Questa volta raggiungeremo quello che ci è sembrato, almeno dalle carte ed in tutta una settimana di valutazioni, discussioni telefoniche e sogni, uno spot potenzialmente proficuo. C'è tanta strada da fare, un paio d'ore di navigazione verso un'altra grande alba in mare.. Alle 8,30 siamo in pesca, soli nel nulla assoluto, con un vento leggero a rinfrescare quella che si prevede sarà una giornata calda ed afosa, un'onda lunga e poco profonda ogni tanto battendo sullo scafo interrompe il suono stridente delle nostre trecce che scivolano verso il fondo. Abbiamo deciso di pescare a 160 metri di profondità, abbiamo armato i nostri inchiku più pesanti con octopus enormi ed ami Cutlass del 3/0 e 5/0. 


Esagerati come sempre ma chi non sogna perde una parte importante della vita. Dicevano i latini "Fortuna audaces iuvat" "la fortuna aiuta chi ha coraggio" e forse è la cosa in cui noi più di tutto crediamo. Non ci interessa la cattura a tutti i costi e questo distacco dalla performance ci consente di raggiungere quella libertà necessaria alla sperimentazione. Se si rimane attaccati alla necessità di catturare, se si resta ancorati a quello che altri hanno scoperto e non si sogna, non si andrà mai avanti.. Ovviamente per ore il nulla assoluto, silenzio totale sui nostri artificiali che immaginiamo soli in quel buio sconfinato. E' un secondo che cambia la storia ed in un istante il silenzio diventa inferno. Una fortissima botta strappa via il mio inchiku in prossimità del fondo, una ferrata ed un'altra e.. Ci siamo.. Il peso che avverto all'altro capo della treccia è esagerato, si muove, sale per un paio di metri e poi via come un missile facendo piangere il mio BX400N e piegando la Crostage sino al limite. Un minuto e non so come Davide è già risalito pronto con il raffio ed in attesa ma lui, il pesce, non schioda correndo a tutta velocità a pochi centimetri dal fondo. Un secondo ed anche questo sogno è infranto. La presa si allenta. Il pesce è andato con tutto l'inchiku e mi torna indietro soltanto un finale semi distrutto.


 Risalgo stanco e sconfitto per la terza volta in due battute, l'adrenalina che sino a pochi minuti prima mi aveva aiutato a tenere la mente lucida ed aveva sovralimentato i miei muscoli ed il cervello adesso è diventata delusione. Si scherza, in barca, per dissipare l'amaro, ma non c'era altro da fare, nessun rimpianto. Riflettiamo, facciamo considerazioni ma noi possiamo solo provare a contrastarli tentando di resistere. Siamo ospiti ciechi del loro mondo ed il vantaggio è tutto loro. "Adesso ti faccio vedere come si prendono" mi dice tra una risata ed uno sfottimento e pare che Nettuno, il nostro dio pagano più evocato lo ascolti davvero. In meno di tre minuti siamo nuovamente in gioco e questa volta l'inchiku preso di mira è quello di Davide, lui però è cattivo, più cattivo di me e non gli dà tregua non ho neanche il tempo di tirare via dal mare il mio, lo sollevo 50 metri dal fondo e passo alla fotocamera per il filmato e poi al raffio. 


Meno di 5 minuti di combattimento, un tiro alla fune esasperato in cui ogni singolo elemento, ogni nodo, giunzione, legatura è messo a dura prova. Protagonisti la mitica Crostage, il BX500N compagno di mille battaglie, un inchiku dei nostri, autocostruito e anabolizzato sino a raggiungere un peso inesistente sul mercato, la treccia Fins da 20 lb,  un terminale dello 0,60 ed il mio compare di avventura. All'altro capo non sappiamo cosa ma lo immaginiamo già. Cinque minuti ed uno dei sogni di sempre è a portata di raffio. 




Lei una regina degli abissi di poco più di 17 chili, ci ha scelti, ha scelto le nostre esche, ci ha voluto affrontare. Siamo ancora increduli quando il bambino che c'è in noi prende il sopravvento e comincia a saltare, gridare, ballare.. Nulla vale più di questo momento, nulla per chi come noi trascorre tanto tempo per mare con tenacia ed ostinazione. Siamo appagati, felici, scattiamo mille foto, riflettiamo sulle motivazioni che ci hanno portato su quello spot nel nulla assoluto e annotiamo ogni istante e condizione nel nostro blocco notes mnemonico. Nel frattempo il mio inchiku sempre là, sospeso nel nulla ed in mezzo al nulla. Lo lascio ricadere verso il fondo per un'ultima cala prima di spostarci due jerkate e siamo di nuovo in gioco. Le ferrate questa volta sono seguite da un inizio di combattimento esasperato, decido anche io di non dare tregua e comincio a forzare piegando la canna oltre il limite, la treccia fuori dagli anelli disegna una corda che taglia l'arco del fusto, il manico piegato ed il mio Accurate BX400N che soffre girando a tutta velocità nonostante la frizione sia tarata ben chiusa. 


Lei, a questo punto è chiaro sia anche questa una cernia, è rabbiosissima, si oppone con tutte le forze e dopo essersi fatta trascinare per una ventina di metri riguadagna il fondo in pochi secondi. "Non mollare!" grida Davide come un allenatore a bordo ring "Teni duro! Fa male ma tieni duro!" Ed è proprio dolore e sofferenza, non mollo nonostante le ripetute fughe recuperando metro dopo metro di quell'interminabile distanza, 160 metri di dubbi, paure, cattiveria. 160 metri in cui è fondamentale essere certi di ciò che si ha tra le mani, di come si siano realizzati i nodi, dei limiti dell'attrezzatura, delle capacità del mulinello, della forza degli ami.. 160 metri in cui non si può pensare a nulla, solo a mantenere la concentrazione e la massima lucidità, metro dopo metro, giro dopo giro, pompata dopo pompata. Un centimetro per volta ma sempre verso l'alto.. Davide, unica persona cui non rinuncerei mai in questi momenti, è al mio fianco e so che si tufferà in mare se necessario. Lo vedo, è pronto con il raffio alla mia sinistra e mi rincuora, il pesce aggalla a dieci metri da noi e lo sento esclamare qualcosa di irripetibile..



 Lei fa davvero paura, immensa, fatichiamo a sollevarla per tirarla in barca. Siamo attoniti, il bambino adesso è silenzioso, non salta, non balla, ci abbracciamo, la guardiamo senza parlare. Le braccia stanchissime non mi consentono di sollevarla o per lo meno sul momento penso sia questo il motivo per cui non riesco, scoprirò poi che pesa quasi 50 chili. Guardo la Crostage, il BN400X caricato con il solito Fins da 20 lb, terminale Seaguar da 0,60 circa, inchiku autocostruito pesante e ben armato. Sono felice oltre misura, adesso so che non esiste niente o quasi che questi attrezzi non possano affrontare. So che non cambierò mai e per nulla al mondo un solo elemento del nostro sistema di pesca, nulla. Siamo esausti, appagati, carichi di emozione e continuare non servirebbe a nessuno. Scattiamo le nostre foto, mangiamo i nostri panini, puliamo il gommone e diamo una sistemata. Non serve parlare, si smonta tutto, si gira la prua per affrontare le due ore di navigazione che ci separano dalla vita in cui saremo costretti a rimanere prima di riprovare a toccare il cielo come oggi.


C'erano, tanto tempo fa, due ragazzi con gli stessi sogni folli, uno di questi scattare una foto seduti sulla prua della loro barca imbracciando una preda che fosse più grande di loro. 


Ci sono oggi due amici, due marinai, due pescatori inseparabili ed un nuovo sogno, esagerato, da inseguire...  
Grazie mare..


domenica 21 luglio 2013

Inchiku: Alla ricerca del Gigante Rosso


E' trascorsa una settimana circa dall'ultimo post pubblicato ed il caso vuole che proprio di inchiku vi si parlasse. Ho provato nel precedente a dare una serie di motivazioni per cui uno spinner che decidesse di salire in barca per sperimentare una tecnica da natante potrebbe trovarsi immediatamente a proprio agio con questa. Ci sono sensazioni però che non si riesce a descrivere sempre nella giusta maniera per cui ho deciso, per provare a trasmetterle a chi non possa provarle direttamente, di raccontare la giornata di ieri che per il mio/nostro modo di intendere il tempo per mare è stata grandiosa. 


Come sempre nei nostri sabati dedicati al mare, la sveglia suona davvero prestissimo soprattutto se sappiamo che ci aspettano ore di navigazione per raggiungere lo spot prescelto. Il mare finalmente, complice anche un bell'innalzamento della pressione atmosferica, si prevedere mite ed amichevole ed in queste condizioni non è facile resistere alla tentazione di spararsi un numero di miglia quasi a tre cifre e impronunciabile per cercare il re dei pelagici. 


Così alle 5,00 siamo già in barca, svegli da due ore, in navigazione su un mare calmissimo ed una brezza leggera di prua.. Alle 8,00 in pesca, senza punti GPS segnati dato che il Lowrance HDS7 di appena due anni ci ha lasciati morendo di morte propria e senza preavviso. Siamo con un muletto piccolo, piccolissimo, un HDS5 preso in attesa della riparazione del 7" e con cui stiamo provando da un paio di mesi a ricostruire il nostro tesoro di spot frutto di anni di pesca ed ormai inevitabilmente perso (premetto e preannuncio che scriverò prestissimo anche un post relativo proprio a questa brutta storia con l'assistenza italiana Lowrance da cui siamo stati trattati davvero male).



Il punto di mare prescelto, del tutto nuovo per noi, sembra promettere bene. E' un'area ampia circa mezzo miglio attraversata da ben tre importanti linee batimetriche che presenta al proprio interno variazioni di profondità notevoli ed interessantissime intorno alle quali pensiamo di poter incontrare Sua Maestà il Rosso in caccia..  Si comincia girovagando, come ogni volta, cercando di farsi un'idea del fondo, della sua "consistenza" delle correnti che lo spazzano.. E' un giorno da tonni, si percepisce.. Per chi come noi non utilizzerà esche odorose o naturali, scie di sarde come brumeggio o gabbiani come segnalatori, trovarli è più difficile e dobbiamo contare soltanto sulla poca esperienza fatta sino ad oggi con i nostri inchiku ma il bello è anche questo, provare a dimostrare a se stessi di aver cominciato a capire alcune cose.. 



Tra una cattura incidentale ed un'altra siamo già giunti al mezzogiorno senza neanche rendercene conto quanto una botta inconfondibile  a 120 metri di profondità su 135 piega allo sfinimento la mia Crostage.. "E' tonno" dico a Davide, nonostante non ci sia stata ancora alcuna fuga e l'eco non li avesse marcati.. Dopo la ferrata (doppia) mi ha concesso senza reagire subito un metro e mezzo circa in cui ho percepito tutto il suo peso.. "Sicuro?" dice lui.. "Si" io.. Neanche un secondo dopo inizia l'inferno.. La canna piegata segue la forma del tubolare del gommone ed il mitico BX400N che tengo sempre senza cicalino e tarato intorno ai 6 kg, comincia a piangere filando in mare più di 150 metri di treccia in meno di 20 secondi.. Si ferma un secondo, come per provare a capire cosa stia succedendo, un secondo in cui provo a recuperare qualche metro e via di nuovo a tutta velocità.. In questi momenti è difficile riuscire a non pensare che la canna scoppierà, la si vede soffrire, la treccia da 20 lb fischiare, si pensa al fluorocarbon da 0,50 insufficiente al combattimento, si teme la fine del trecciato e si sentono le vernici scricchiolare ma bisogna avere fiducia nel sistema di pesca che si è scelto e tenere duro sperando che il gigante si calmi. Ad un tratto, per come è iniziata, in un momento "tac" ed il sogno finisce.. 
"E' andato" dico a Davide.. Si è slamato.. Dopo un secondo un tragico dubbio mi assale.. Stavo provando un inchiku realizzato da Blackviper su modello Bottom Ship, bellissimo, bianco ed Abalone con un octopus bianco-perla.. "Che ami monta?" Recupero velocemente e questo è quanto... Andata.. La prima è andata ma non fa nulla.. Il piacere del tonno è soprattutto combatterlo per cui fatta una parte di questo braccio di ferro l'adrenalina che viene messa in circolo in quei pochi minuti sazia il nostro spirito di pescatori e lenisce la delusione.. 


E' stata una disattenzione che non mi perdonerò mai ma di certo non si verificherà mai più che io cali un inchiku armato con ami differenti dai miei Sergeant, Cutlass, OMTD o Gamu. Mai perso un pesce con questi.. Ricominciamo a girare cercando il salto batimetrico che ci aveva fatto fermare prima.. Lo troviamo e siamo di nuovo giù sperando che loro siano ancora in caccia nell'oscurità dei -140.. Ci vuole poco per esserne certi.. Davide in risalita con un jig di "appena" 400 gr. viene trattenuto gentilmente per una decina di secondi, giusto il tempo di avvertire il peso del predone e poi nulla. 



Scelgo tra i miei inchiku uno che mi ha fatto simpatia da subito, è particolare, scende molto bene grazie alla sua forma ed è stato ricoperto di una vernice glow che lo rende ben visibile a quella profondità, uno dei miei Macchianera. Lunghissimo viaggio verso il fondo, un paio di jerkate ampie e decise ed è di nuovo lui.. Questo è più cattivo, parte subito come un missile ma io sono tranquillo, ho montato i Sergeant, rinforzato il finale con un fluoro da 0.60 e usato un cordino per l'assist che non teme nulla. Mentre lui fa l'inferno con me all'altro capo che cerco di trattenerlo noi abbiamo tutto il tempo di risalire il jig di Davide, prendere il raffio, cercare la fotocamera per riprendere il combattimento e... "Tac!" Siamo a due.. Risalendo troverò soltanto un metro di fluorocarbon fortemente abraso. Ha tagliato girando attorno ad un promontorio che avevamo individuato sul fondo a 110 metri circa su una risalita.  Non fa nulla.. Un'altra scarica di adrenalina ci ha ricaricato e preparato per il terzo combattimento.. Abbiamo provato, cercato, girovagato ma di loro più nessuna traccia.. Tra una cattura e l'altra e lo sfottimento inevitabile e dovuto di mio compare nei miei confronti la giornata ci è scivolata via, appagandoci e rigenerandoci come ogni volta. 



Oggi sciacquando i miei "ferri" eroici combattenti e toccando quello che tra di loro ha visto da vicino la bocca del gigante Rosso, mi tornano in mente le parole del'amico Massimo scritte proprio a caldo mentre messaggiavo la mia moderata delusione in diretta slamata dopo slamata forse per consolarmi un pò: 
"Francesco, c'è sempre il risvolto della medaglia"
.. E' vero.. Il risvolto della medaglia c'è ed è che noi due, io ed il mio compare di avventure abbiamo trascorso una giornata splendida e con qualche cattura simpatica (compreso l'immancabile Pesce Lucertola a vertical a 140 mt.) da portare a casa, abbiamo avuto il piacere del combattimento, vissuto quei minuti la cui intensità non è percepibile se non a bordo e loro, i due signori del mare, sono rimasti vivi e liberi di incontrarci la prossima settimana, più motivati che mai ed ancora più pronti alla battaglia. 


Qualcuno che interpreta il contatto con il mare finalizzato alla sola cattura potrà leggere questo post interpretandolo come la storia di un cappotto, come il racconto di uno sfigato che cerca di darsi una ragione ma chi mi e ci conosce sa che non è così.. 

Questo post è soltanto il racconto un pò salato di un'altra giornata per mare in cui però questa volta hanno vinto tutti..


domenica 7 luglio 2013

Inchiku: I figli del dio Vulcano



Nella storia di questo spazio web abbiamo scritto un buon centinaio di pezzi dedicati ad autocostruttori di tutto il mondo. Lo abbiamo fatto concentrandoci sempre ed esclusivamente sulla tecnica che ci è più vicina e familiare, lo spinning, e da cui abbiamo avuto le nostre origini di pescatori. Lo abbiamo fatto anche perché per decenni i nostri piccoli compagni ancorettati, unici  protagonisti di fredde, buie e lunghe battute tra le onde delle mareggiate, hanno rappresentato il solo manufatto realizzabile artigianalmente tra le mura domestiche senza la necessità di attrezzature o macchinari particolari. Lo abbiamo fatto perché sino a 10-12 anni fa non esisteva la figura dell'autocostruttore di altro e comunque la pesca in verticale da terra o dalla barca destinata ai grandi predatori era esclusivamente legata all'utilizzo di esche naturali.



L'avvento dello Jigging Game prima e di tutte le altre tecniche verticali con artificiale poi (Shore Jigging, Inchiku, Tenya, Kabura e chi più ne ha più ne metta) ha aperto, lentissimamente ma inesorabilmente anche la porta alla nascita di una differente e del tutto particolare categoria di autocostruttori, un piccolo e ristretto popolo delle fucine, figli di Vulcano, nipoti di Zeus e di Era, in grado di plasmare il metallo, di fonderlo, di dargli forma e forza proprio come Efesto fece con le armi di Achille:

FABBRICANTI DI INCHIKU.



Per scrivere di autocostruttori di artificiali in legno, Balsa, Iroko, Ebano, Cedro Giapponese, Betulla, resine e mille altre essenze di madre natura ho dovuto pian piano farmi una cultura che in principio, da utilizzatore di prodotti esclusivamente commerciali, non avevo. Ho imparato come le consistenze dei materiali usati influiscano sul risultato finale e sulla durevolezza dei prodotto. Sono entrato in alcuni casi dentro al processo produttivo sin dal suo inizio, sino dal progetto o dalla spinta motivazionale. 



Per parlare di questa differente categoria di costruttori, di cui anche noi nel nostro piccolo facciamo parte, mi trovo invece a mio agio ed in un ambiente a me perfettamente congeniale. Caliamo i nostri inchiku nel blu profondo da tanti anni ed in questo lasso di tempo ne ho visto passare tra le mie dita e dentro le mie cassette decine e decine. Ne ho lasciati centinaia sul fondo del mare, inchiodati a rocce, reti e palamiti abbandonati. 



Perchè l'inchiku? 
Perchè trovo che per uno spinner, abituato al contatto continuo con l'artificiale, sia il giusto compromesso. 
Perché necessita costantemente di ricerca e studio. 
Perché, esclusi i casi in cui si abbia la fortuna di pescare in veri e propri acquari dalla resa quasi tropicale in termini di quantità e qualità del pescato, bisogna comunque faticare per scovare il Pesce con la "P", quello che richiede tempo, perizia, costanza. Perché si entra in simbiosi con il proprio artificiale e lo si manovra cercando di percepirne il movimenti tra le asperità e gli ostacoli del fondo. E' proprio grazie a questo contatto che presto chiunque pratichi con buona frequenza la tecnica scopre anche i limiti insiti in ogni modello e forma proposti dal mercato cominciando a carezzare l'idea di oltrepassarli ed avvertendo l'esigenza di farlo.



Tranquilli, non farò supercazzole complicatissime descrivendovi movimenti assurdi specifici a ferrare improbabili prede e non pretenderò di insegnare nulla a nessuno. Non siamo professori o campioni, siamo pescatori di quelli che escono per mare in un mare dove pesce ce ne sta poco e che macinano centinaia di miglia ogni volta per trovarlo e portarlo in barca, spesso scandagliando palmo a palmo ogni roccia, canale, avvallamento e dislivellamento del fondo, a 50 come a 150 mt.
Non mostreremo pesci giganti (anzi semmai li nasconderemmo) per mettere paura ed incutere soggezione a chi ci legge. Parleremo solo di artificiali e da cosa ci porti a farceli da soli.



Da queste percezioni in primo luogo e dal desiderio di risparmiare denaro in secondo credo nasca la necessità di costruirsi i propri inchiku.
Consideriamo che il prezzo medio di un prodotto di marca varia tra i 14,00 ed i 50,00 euro. Detto questo, quando in una battuta se ne sono persi 6 o 7, avvenimento frequente se si sta pescando nelle giuste zone e correttamente, è facile tornare a terra in preda ad un senso di depressione sconfinato (a me personalmente è successo di lasciare sul fondo, in una sola giornata, 6 o 7 Bottom Ship Shimano ed oltre 400 mt. di trecciato per un totale di 230,00 euro di perdita netta).



Per fortuna gli autocostruttori di inchiku (noi lo siamo solo per autoconsumo) sono di gran lunga meno esosi dei produttori blasonati e di certo meno di quelli che realizzano esche artigianali destinate allo spinning vendendole a prezzi da brivido con la scusa dell'esclusività. Sarà per il carattere rude di chi pesca con il ferro, sarà perchè siamo essenziali, diamo al piombo il valore del piombo. 

La mia attenzione è stata così attratta da alcuni di loro ed ho scoperto degli amici pescatori, alcuni anche utenti del nostro forum che realizzano autonomamente le proprie esche. Ne esistono di diversa natura.. 

L'amico Giampiero, in arte "Macchianera", che conosco da tantissimi anni ormai, è sempre stato uno smanettone.. 



Inseriva nel vecchio spazio web che ci ha fatti conoscere tutorial sulla realizzazione di piccoli jig ed assist quando nessuno di noi aveva idea di come realizzare uno stampo. Studiava colori e consistenze cercando di ottimizzare la resa dei propri artificiali quanto tutti noi lanciavamo quello che passava il convento. 



Questa creatività non poteva che tradursi nella realizzazione di un prodotto concepito ex novo e resistente anche alle turbolente ed a volte difficilissime acque del "suo" Stretto, ecosistema molto particolare di cui lui stesso è un grandissimo e profondo conoscitore. 





Decine e decine di progetti e positivi scolpiti a mano da cui ricavare calchi per la fusione. Intere giornate tra prototipi, resine, vernici ed centinaia di ore per mare sino ad arrivare ad un oggetto in cui ogni millimetro è stato pensato con attenzione e precisione.

Egidio, aka Guaracarumbo, aka Talisman Inchiku 



per gli utenti ed amici del forum, che realizza, correggendo gli errori che solo un pescatore può notare, splendidi inchiku molto simili ai migliori in commercio arricchendoli con colorazioni ed olografie e con un livello di customizzazione che difficilmente un produttore industriale può pensare di raggiungere. 





Come per le Maserati, migliaia di combinazioni peso/colore/olografia, arricchiti da inserti, occhi tridimensionali, vernici fluorescenti consentono di avere una scelta tra le esche da offrire al mare davvero enorme.

Dadoivazzi, neo costruttore che ha già delineato un nuovo stile di inchiku molto vicino alla filosofia dello spinning in cui le forme ed i colori molto spesso cercano di mantenersi quanto più possibile vicini al reale aspetto del pesce foraggio.





Ed infine non certo per qualità GioLion, appassionato pescatore, RodBuilder ed autocostruttore delle proprie esche, 



anche queste progettate per intero e testate per mare, cala su cala, ferrata dopo ferrata sino a raggiungere la particolare forma che le contraddistingue dando loro un movimento veloce e sinuoso. 

Realizzare un inchiku richiede una buona manualità, tanta pazienza ed amore per la pesca. Ci vuole tanto tempo, a volte anche una settimana di cure ininterrotte perchè gli smalti catalizzino per bene, perchè ogni colore, pezzetto di olografica o accessorio sia al giusto posto nella migliore delle condizioni. Non è soltanto un pezzo di metallo colorato e quando lo scegliamo tra i tanti, non lo facciamo a caso.. Guardiamo dentro la cassetta, scorriamo le dita tra i piombi allineati sperando di  percepirne le vibrazioni e poi cerchiamo di accoppiargli un octopus che ne migliori la resa danzando con lui sul fondo.. 



Se praticata nel giusto modo ed in spot prolifici, questa tecnica può risultare davvero devastante per cui mi permetto di sottolineare sempre che il rispetto delle regole è fondamentale perché le risorse ittiche non si impoveriscano e perché il nostro divertimento possa continuare di anno in anno. 

Non diamo la colpa ai professionisti se non troveremo più dentici tra cinque anni quando oggi ne massacriamo un montone intero al giorno. Ci è concesso un pesce superiore a 5 kg. per uomo in barca, non dimentichiamolo mai. Non si è forti e bravi se si stermina un intero banco di corazzieri ma se si riesce a resistere ed a capire che presi un paio di esemplari il resto va lasciato libero di sopravvivere e riprodursi anche perché esistono tantissime altre possibili prede, bisogna soltanto girare la prua ed andarle a cercare..

Ricordiamo sempre che chi da sportivo non rispetta queste regole morali e pesca oltre i limiti per vendere il pescato è identificato con un sostantivo ben preciso:

BRACCONIERE